Prima di tutto, va detto per onestà, che il cipresso non è nato in Toscana: la sua culla è nel bacino del mediterraneo orientale, idealmente fra la Persia (attuale Iran) l’Egitto e la Grecia. In Italia fu importato dai Fenici e dai Greci ed in Toscana dagli Etruschi. È doveroso far notare che il cipresso molto prima di abbellire i viali, i giardini, i parchi, le fattorie delle colline toscane al punto di divenire da qualche secolo a questa parte uno dei massimi simboli del paesaggio toscano, ha avuto un’importanza ornamentale e simbolica praticamente ininterrotta per migliaia di anni.
L’attenzione dell’uomo per questa pianta viene da molto lontano; cipressi snelli e slanciati venivano regolarmente introdotti nei giardini dei leggendari palazzi persiani ed egizi, ugualmente ad Atene se ne sottolineava con piacere l’ intrinseca eleganza formale.
Nell’antico Egitto si utilizzava esclusivamente legno di cipresso per costruire i sarcofagi e l’olio essenziale di questa pianta veniva usato a scopi terapeutici. Gli egiziani si servivano di oli essenziali, tra cui quello di cipresso, per imbalsamare i corpi dei defunti perché sapevano che esso era in grado di bloccare, in quanto antisettico e antibatterico, la proliferazione dei microbi e quindi il processo di decomposizione.
Quello del cipresso era uno dei legnami più pregiati del mediterraneo, forte e aromatico e i medici antichi consigliavano ai malati di soggiornare nelle zone dove crescevano boschi di cipresso (l’isola di Creta era famosa) perché ritenevano che purificasse l’aria. Anche Ippocrate ne conosceva le proprietà antibatteriche: quando infatti ad Atene scoppiò la peste, egli consigliò ai suoi cittadini di bruciare piante di cipresso ed erbe aromatiche agli angoli delle strade per fermare l’epidemia.
Anticamente, e ancora oggi in oriente, questo albero evocava soprattutto il simbolo della fertilità per il suo aspetto vagamente fallico, tant’è vero che gli antichi romani ponevano a guardia dei loro campi, giardini e vigne, statue con enormi attributi intagliate in questo legno ed in occasione delle nozze gli sposi ricevevano in dono giovani piante di cipresso.
Nelle novelle medioevali simboleggiava l’amante, era anche l’immagine vegetale dell’immortalità dell’anima a causa delle foglie sempreverdi e del legno considerato incorruttibile, nel quale erano stati intagliati: la freccia di Eros e la mazza di Ercole. Nell’odissea di Omero cipressi odorosi erano davanti alla grotta della ninfa Calipso la quale era dispensatrice dell’eterna giovinezza. Erano di cipresso le porte della basilica costantiniana di San Pietro e le cronache riferiscono che quando furono sostituite durante il pontificato di Eugenio IV fossero dopo 1000 anni ancora in perfetto stato.
I persiani vi coglievano il simbolo vegetale del fuoco per la sua forma evocatrice della fiamma e sostenevano che fosse il primo albero del paradiso.
Nell’antica mitologia greca l’origine del cipresso è narrata nella leggenda di Ciparisso (kuparissos). Apollo il Dio del sole si era invaghito della bellezza del giovane ciparisso, che aveva per compagno un cervo addomesticato. Mentre un giorno si esercitava con l’arco Ciparisso colpì erroneamente il cervo e lo uccise. Tanta era la sua disperazione da implorare a sua volta la morte. Apollo commosso dal dolore del suo amato, lo trasformò in un albero al quale dette il nome di cipresso e che da allora diventò il simbolo del lutto e dell’accesso all’eternità.
Si trovano tracce di questa pianta in testi assiri di 3500 anni fa.
Anche il popolo ebraico nel primo libro della Bibbia racconta che Dio prima del diluvio comandò a Noè di costruire un’arca in legno di cipresso.
Nella tradizione cristiana per la sua verticalità assoluta, l’erigersi verso l’alto, il cipresso indica l’anima che si avvia verso il regno celeste.

Il Cipresso in Toscana
«[...] Ci invidia quest'albero lo straniero del Nord (là dove non nasce per nebbia e freddo), ma anche la gente d'altri paesi ammira il modo col quale esso è da noi impiegato; sia che l'abbian visto situato fra casa e pagliaio, o ai confini della proprietà, o ancora lungo il viale d'accesso d'una delle tante ville toscane; modo e disposizione che conferiscono al nostro paesaggio un aspetto indimenticabile.
Se si dicesse di poter enunciare un'esatta regola sul giusto impiego del Cipresso, s'errerebbe: tuttavia nei giardini esso va impiegato quale elemento verticale sulle linee orizzontali del terreno. Sono poi il clima, la località, l'esposizione, la tradizione, che dovranno guidare lo spirito di chi, con anima d'artista, voglia porre il Cipresso nel suo esatto valore paesaggistico. [...] »
Pietro Porcinai


Il Cipresso e la cultura celtica
Il Cipresso è anche uno degli alberi protagonisti della cultura celtica. Nell'oroscopo di questa antichissima tradizione i nati dal 25 gennaio al 3 febbraio e dal 26 luglio al 4 agosto, appartengono a questo segno. Secondo appunto l'astrologia celtica il Cipresso, con il suo verde perenne, è simbolo di longevità. I nati di questo segno invecchiano, infatti, discretamente, senza eccessivi tormenti. Il Cipresso è di natura tollerante, spesso trascura i propri affari e si dedica con altruismo a quelli degli altri, a volte non presta le cure necessarie nemmeno alla propria salute. Franco e rustico, il Cipresso sembra saper comunicare sia con gli uomini sia con le forze principali della natura, comprendendo come per "istinto" il vento, i segnali delle acque e gli indizi della terra. Il Cipresso ha un reale culto per l'amicizia e possiede un gusto profondo per il buonumore e la buona compagnia. Il piacere della sua presenza lo rende perciò indispensabile in società. Anche i più "musoni" fra i Cipressi sanno farsi amare. Nell'adolescenza spesso tentano di volare con le loro ali per ricercare una reale autonomia.
Saverio Pepe